L’ipercolesterolemia familiare è una malattia che può presentarsi in due forme: una meno grave (eterozigote, HeFH, 1 caso ogni 500 individui circa) e una più grave (omozigote, HoFH, 1 caso ogni 1.000.000 di individui). Questa prevalenza stimata teoricamente rappresenta probabilmente una sottostima, in quanto si basa sui tassi di prevalenza in campioni di pazienti ricoverati in ospedale e su registri di patologia, ed è influenzata dalla morte precoce nei pazienti con ipercolesterolemia familiare.
Ad oggi si stima che la prevalenza per l’ipercolesterolemia familiare omozigote possa attestarsi intorno ad 1 caso ogni 160.000 abitanti. La patologia è causata da mutazioni nei geni che codificano per proteine chiave quali il recettore delle LDL e coinvolte nel suo ciclo metabolico, con conseguente aumento delle concentrazioni plasmatiche del colesterolo LDL. Gli effetti potenzialmente fatali delle forme omozigoti sono legati al marcato aumento del colesterolo LDL plasmatico, la ritenzione di colesterolo da parte della parete arteriosa e la formazione di cellule schiumose all’interno delle arterie, condizione che tipicamente progredisce ad aterosclerosi occlusiva con angina pectoris o rottura della placca con conseguente infarto del miocardio o ictus.
La forma omozigote è caratterizzata dall’insorgenza di malattie cardiovascolari anche in giovane età e dalla presenza di accumuli caratteristici di grasso come xantomi (noduli di colore giallastro sulle nocche delle mani e sul tendine di Achille), xantelasmi (placche giallastre sulle palpebre) e arco corneale (depositi di grasso intorno all’iride).
Scopo del presente corso è fare il punto della situazione su diagnosi e trattamento della Ipercolesterolemia Familiare Omozigote (HoFH), basandosi sui dati presenti nei lavori scientifici, nelle linee guida e nella pratica clinica.